sabato 9 gennaio 2010

la storia delle maschere....

Il Carnevale di Venezia ha origini antichissime. Il Senato della Repubblica Serenissima ufficializzò l’esistenza del Carnevale nel 1296, con un editto in cui dichiarava giornata festiva il giorno precedente la Quaresima.

Da allora la festa ha accompagnato la vita della città rispecchiando le diverse esigenze storiche e dilatandosi nel corso dei secoli.

Durante la Repubblica Serenissima i festeggiamenti duravano praticamente sei settimane, dal ventisei dicembre fino al giorno delle Ceneri.
Spesso tuttavia venivano concesse licenze carnascialesche per l’utilizzo delle maschere fin dai primi di ottobre, in coincidenza con l'apertura dei teatri e feste e banchetti si celebravano anche durante la Quaresima.
E persino durante la Festa della Sensa, che durava 15 giorni, era consentito l’uso della maschera e del travestimento.
Nel Settecento il Carnevale arrivò così a durare alcuni mesi e ad abbracciare un periodo di tempo assai più lungo.
Questo ha contribuito a creare l’immagine di Venezia come di una città dedita al divertimento.
Venezia conquista appieno la fama di “città del Carnevale” nel XVIII secolo, quando con le sue feste, i suoi spettacoli, le sue maschere, i suoi teatri, la sua Casa da Gioco Pubblica, comincia a diventare un’attrazione turistica per tutta Europa, accogliendo migliaia di visitatori incuriositi di vivere quella atmosfera molto particolare ed effervescente.
In questo periodo la gente di ogni ceto e nazionalità si riversava nelle strade della città per festeggiare: si faceva baldoria dal mattino alla sera e la Repubblica tollerava tutto.
Mascherarsi con una bauta o con uno dei tanti fantasiosi travestimenti era tradizione per i veneziani che vivevano intensamente questo periodo.
Lungo le calli, per i canali, nei "liston" invasi da maschere il saluto era: "Buongiorno siora maschera". L'identità personale, il sesso, la classe sociale non esistevano più, si entrava a far parte della grande illusione del Carnevale.
Piazza San Marco, riva degli Schiavoni e gli altri campi della città diventavano immensi palcoscenici in cui si organizzavano intrattenimenti di ogni tipo. Dovunque, nei caffè e nei teatri pubblici, nelle case private e nelle accademie, si inscenavano rappresentazioni e spettacoli teatrali, e non mancavano nei palazzi e nelle dimore nobiliari danze e feste da ballo.
Le calli si riempivano di cortei colorati e festanti e la gente accorreva per assistere agli spettacoli improvvisati di danzatori, giocolieri e saltimbanchi.
Si mangiavano dolci, frutta, castagne e le “fritole”, frittelle vendute in chioschi per calli e campielli.

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